lunedì 9 novembre 2009

Teatro Terapia II



Molte attività creative e artistiche consentono di sperimentare aspetti di sé stessi altrimenti difficilmente conoscibili e vivibili. Una delle cosiddette forme di “arteterapia” applicabile in contesti anche molto semplici a tutte le età, è la teatroterapia, che utilizza le potenzialità del “gioco delle parti” per sostenere interventi di prevenzione del benessere, di educazione, di integrazione e di cambiamento. Le possibilità offerte dalla creazione e dall’interpretazione di ruoli, competentemente combinate alle conoscenze e competenze delle scienze psicologiche, consentono di creare percorsi di riabilitazione e programmi in grado di consentire di sostenere la cura della mente. In tal modo, attraverso la messa in scena di parti profonde dell’identità individuale, la teatroterapia consente di superare periodi di disagio, di sviluppare le proprie risorse interiori e di accedere a risorse fondamentali per la propria salute e per il proprio equilibrio interiore, aprendo nuove vie ad esperienze di trasformazione e di guarigione. Tradizionalmente la teatroterapia viene definita la messa in scena dei propri vissuti, nel contesto di un gruppo, con il supporto di alcuni principi di presenza scenica che derivano dall’arte dell’attore (Orioli W., 2001). Ad oggi sono stati sperimentati molti approcci che possono guidare i percorsi di teatroterapia, ognuno dei quali tende ad attivare uno o più processi di crescita personale e di guarigione attraverso l’uso terapeutico della recitazione.
Innanzitutto, l’interpretazione di un ruolo in scena può consentire di esperire delle parti di sé non quotidiane che ci si rifiuta di conoscere in prima persona, ma che possono essere vissute attraverso la dimensione sicura del “personaggio” che consente di sospendere temporaneamente le conseguenze delle proprie azioni pur consentendo di ascoltare i vissuti che il “rappresentare” può generare. Il teatro diviene, in tal modo, un gioco di ruoli e di sensazioni che, attraverso l’interpretazione di storie reali o fittizie, consente di esplorarsi.
In questo senso il teatro assolve alla funzione terapeutica che nasce dal consentire la piena espressione e realizzazione di se stessi, superando pregiudizi e stereotipi, accogliendo dolcemente parti rifiutate della propria storia o di se stessi che possono essere rimesse in scena nella finzione e reincastrate nel proprio mondo interno. Dopo aver creato un luogo protetto di rappresentazione delle parti più intime di sé una persona può scoprire e ristrutturare la propria personalità attraverso il personaggio, lasciando cadere le maschere e accedendo alla propria vera identità, a ciò che può sentire di essere, trovandosi nei panni di ciò che nella quotidianità non è e non riesce ad essere. La teatroterapia, in questo senso, è un aiuto per comprendere meglio “chi si è” e “cosa si desidera essere una volta liberi da vincoli sociali”. L’approccio teatroterapeutico consente altresì di agire ciò che non si può esprimere a parole o che non sarebbe ugualmente liberatorio raccontare, consentendo un’“abreazione scenica" che può coinvolgere eventi vissuti nel passato che possono essere simbolicamente ripercorsi e trasformati attraverso l’improvvisazione che rende possibile riscrivere e trasformare una sceneggiatura, cambiando dettagli comportamentali e sfumature emozionali anche più volte. Inoltre, il contesto protetto del palco permette di imparare nuove reazioni cognitive e comportamentali sperimentando un altro “sé” in situazioni temute che possono essere affrontate, attraverso la drammatizzazione, seguendo percorsi graduali di desensibilizzazione in grado di insegnare a comprendere le proprie reazioni disfunzionali e di allenare, nella finzione scenica, nuove risposte psicofisiche adattive e efficienti. Gli obiettivi che è possibile raggiungere dipendono dalle tecniche adottate che possono essere scelte e utilizzate secondo accorgimenti professionali specifici connessi alla formazione del conduttore e alle tappe attraverso cui, in relazione al proprio approccio, egli decide di programmare il percorso per la realizzazione degli obiettivi a cui aspira. La condizione fondamentale perché qualsiasi obiettivo della teatroterapia possa essere raggiunto è che venga creato un clima di gruppo in cui si favorisce la libertà di espressione di sé, la rinuncia al giudizio verbale e non verbale, in modo che possa essere intrecciata un’autentica comunicazione interiore e una possibilità di relazionarsi con gli altri partecipanti. La partecipazione ad un gruppo di teatroterapia può essere efficacemente sperimentata anche da parte di chi non ha mai fatto esperienze teatrali di alcun tipo, dal momento che l’accento non è centrato sulla tecnica ma sulla possibilità di comunicare e di esprimersi creativamente attraverso i linguaggi teatrali. Nella teatroterapia si possono tradizionalmente isolare tre momenti fondamentali, ognuno dei quali ha degli obiettivi generali che in realtà vengono ulteriormente definiti anche in base all’approccio specifico adottato. Nella tradizionale denominazione si distinguono:
1) Processo primario pre-espressivo che mira a sciogliere paure e resistenze e si basa sul coinvolgimento in esperienze pre-espressive che permettono all’attore-paziente di prendere coscienza di sé a partire dalla comunicazione globale che comprende in modo profondo anche il corpo e la voce. In questa fase si sperimentano spesso esercizi di movimento, di contatto, di vocalizzazione o di narrazione centrati sull’esplorazione senza forma. In alcuni approcci questa è la fase in cui vengono apprese delle tecniche di ascolto delle proprie emozioni, di consapevolezza dei propri pensieri e dei propri movimenti nello spazio scenico.
2) Processo secondario espressivo che è finalizzato alla costruzione del personaggio che permette di comunicare parti dell’interprete. Si tratta di una fase di improvvisazione e di scelta di aspetti di sé a cui dare attenzione e un “linguaggio”. In questa fase si sperimentano uno o più ruoli attraverso esercizi-guida che possono riguardare la costruzione di maschere, l’interpretazione di oggetti, di animali o lo sviluppo di temi suggeriti dal conduttore o dai partecipanti. In alcuni casi in questa fase vengono selezionati copioni tratti da opere esistenti (trame, poesie, ecc.), oppure si sperimentano alcuni ruoli modificando parti preesistenti e creando dialoghi e movimenti di scena personalizzati dagli attori-pazienti.
3) Processo terziario post-espressivo che mira ad integrare azioni e testi prodotti in un allestimento scenico, mettendo insieme, cucendo e dando un senso di gruppo alle improvvisazioni. In questa fase si analizzano i vissuti e si razionalizza sui processi avvenuti in precedenza, cambiando ciò che si desidera cambiare in vista dell’obiettivo di una rielaborazione condivisa. In questa fase si analizza con distacco il personaggio, diventando osservatori esterni e registi di se stessi, un lavoro che permette di definire dettagli attraverso un percorso che risponde al bisogno e alla possibilità di mettere in relazione mondo interno e mondo esterno. Esistono diverse opzioni che riguardano la scelta di un ruolo che generalmente viene affidata alla spontaneità o, se utile, facilitata dal conduttore che può inserire dei temi, delle trame, degli stimoli o dei personaggi specifici. La scelta di un personaggio che ha elementi di somiglianza con la storia o la personalità dell’attore che lo interpreta può essere un valido aiuto per avvicinarsi ad esperienze vissute e non risolte che possono essere riviste da prospettive emotive diverse, talvolta in forme paradossali come la commedia o come il mimo. L’interpretazione di ruoli fantastici ideali, lontani dalla propria quotidianità, può essere un valido aiuto per la scoperta di parti di sé nuove, mai osate, talvolta ritenute impossibili da sperimentare nella semplicità delle proprie esperienze quotidiane. Recitare i propri nemici, identificarsi temporaneamente con personaggi che rappresentano ruoli che nella realtà sono criticati e considerati lontani dal proprio modo di essere, rappresenta un metodo per aumentare le capacità di empatizzare, per dare l’occasione di “mettersi nei panni dell’altro” e di scoprire tutte le sfaccettature di un modo di vivere diverso dal proprio, vivendo allo specchio alcune dinamiche relazionali che sono state osservate sempre dal punto di vista opposto. L’utilità della teatroterapia a scopo preventivo ed educativo si riferisce alla possibilità di sostenere la crescita personale, la conoscenza e il potenziamento di parti di sé e della propria personalità. In questo senso questo metodo consente di perfezionare la propria comunicazione a tutti i livelli, superando tensioni mimiche e blocchi emotivi, allenando anche il non verbale e il paraverbale, pertanto è particolarmente consigliata a chi ha problemi di timidezza, difficoltà relazionali, disagio nell’esprimere il proprio parere, nell’affrontare esami o parlare in pubblico. Per la sua predisposizione a sostenere anche lo sviluppo della creatività, di abilità di memorizzazione, di possibilità di scaricare lo stress, il teatro con tale finalità è spesso adottato anche in attività rivolte a contesti aziendali e scolastici. Le applicazioni teatroterapeutiche a scopo riabilitativo riguardano delle fasce sociali quali detenuti ed ex carcerati, tossicodipendenti, disabili e persone che hanno vissuto in modo prolungato problemi di carattere medico, quali tumori, o anche di tipo psicologico, come ansia, traumi e depressione. In tali casi lavora per la ri-costruzione del proprio ruolo e della propria identità, per l’integrazione di nuove esperienze di vita o parti di sé inaccettate, anche dopo che la persona ha effettuato un concomitante percorso terapeutico di altro tipo. In questa area di azione si collocano anche le esperienze teatrali rivolte ad anziani o a persone sole, che tendono ad aiutare a ritrovare nuovi stimoli per l’apprendimento ma anche per progettare momenti abituali di confronto sociale. La teatroterapia nell’anziano infatti è un ottimo strumento di supporto per mantenere attiva la memoria verbale e motoria, ma anche per sostenere l’umore e la fiducia in se attraverso occasioni che consentono di percepirsi ancora capaci di integrarsi all’interno di un’attività condivisa in gruppo. Infine, la teatroterapia in ambito terapeutico agisce cercando di offrire delle possibilità di integrazione tra parti sane e parti malate, sostenendo e rinforzando il nucleo intatto dell’Io, anche in situazioni di nevrosi, di disturbi borderline o anche in forme di autismo. Naturalmente ogni tipo di problematica richiede la personalizzazione dell’intervento anche in relazione alle caratteristiche specifiche del gruppo di partecipanti.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Orioli W., 2007, Teatroterapia, Erickson.
Orioli W., 2001, Teatro come terapia, Macroedizioni.
Sue J., 1997, Dramatherapy: Theory and practice 3. Routledge, NY.
Lewis P., Johnson D. Read, 2000, Current approaches in Drama Therapy, Paperback.
Rubit J., 2006, Expressive and creative Arts Methods for Trauma survivors, Paperback.
(dal sito web Benessere)

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