lunedì 16 maggio 2011

La costruzione sociale della PAS



Convegno “PAS: un’arma impropria contro i diritti delle donne e dei bambini” – Roma, 06 maggio 2011, Movimento per l’Infanzia
La costruzione sociale della PAS
relazione di Alessandra Lumachelli

Nel 1913 Ferdinand de Sassure nel suo saggio “Corso di linguistica generale” afferma che, nella struttura del linguaggio (con la quale delineiamo la nostra esperienza), il concetto centrale è quello di “segno”.
Le cose che si trovano all’interno della nostra mente sono segni, e come tali hanno due componenti: il significante (il suono della parola, per es., “bambino”) e il significato (la cosa indicata, il bambino in carne ed ossa).
Per Sassure il legame tra significante e significato ha un’importante caratteristica: è arbitrario, è una pura convenzione.
Infatti ogni lingua utilizza parole diverse per indicare il bambino (child, enfant, ecc.).
Inoltre, abbiamo diviso il mondo in bambini, adulti, animali, intelligenza, emozioni, ecc., ma esistono culture in cui le nostre suddivisioni non hanno luogo.
Quindi, noi con il linguaggio abbiamo suddiviso il mondo in categorie arbitrarie.
Ed è perciò che Sassure sostiene che il nostro linguaggio non applica etichette ad una realtà oggettiva, ma costruisce una realtà in modo arbitrario e soggettivo.
Per il linguista ginevrino, quando un significante si connette ad un significato, questa connessione diventa fissa, e assume un significato condiviso (ma non immutabile nel tempo).
Durante la seconda guerra mondiale, i governi britannico e statunitense richiedono ad alcuni psicologi di rintracciare strumenti concettuali utilizzabili a fini propagandistici e di manipolazione delle coscienze, per tenere alto il morale delle truppe e convincere ad es. i soldati a cibarsi in maniera misera.
Nasce il “costruzionismo sociale” (Gergen, Focault, Derrida, Parker).
Si evidenzia così il legame tra sapere e potere: il linguaggio diventa una forma di azione sociale, e quando le persone parlano l’una all’altra è allora che si costruisce il mondo.
La nostra conoscenza non è una diretta percezione della realtà, ma è nell’interazione reciproca che costruiamo la nostra versione soggettiva della realtà.
La nozione di verità diventa illusoria.
Anche l’identità si costruisce nei discorsi che intervengono nelle relazioni con le altre persone.
Quindi l’identità non sgorga dall’interno di un individuo, ma emerge dal mondo sociale in cui la gente nuota, in un mare di segni linguistici, un mare che è il medium, il mezzo della nostra esistenza.
Gli eventi, le persone, i fenomeni sociali risultano soggetti continuamente ad una grande varietà di costruzioni possibili.
Alcune di tali costruzioni appaiono più sensate, più verosimili di altre.
Per Focault la conoscenza, intesa come la particolare idea del mondo prevalente nel senso comune, è strettamente, intimamente connessa col potere.
Il potere è precisamente un effetto del discorso.
Definire una cosa, una persona, il mondo in un modo che ti consente di fare certe cose che vuoi fare, questo è esercitare potere.
Ecco come s’inserisce nel quadro della società attuale la falsa sindrome di PAS, inventata da Gardner negli Stati Uniti negli anni ’80.
Avendo Gardner deciso di difendere, a suon di centinaia dollari, i padri abusanti nelle cause di separazione, sceglie di costruire una realtà arbitraria: sostiene, quindi, che ogni madre che, in una causa di separazione, accusa il proprio partner di abusi nei confronti dei figli minori, lo fa solo perchè è pazza, e perchè tenta di manipolare i bambini, per allontanarli dal padre e per ottenere denaro da tali affermazioni.
E, a grappolo, sono state inventate altre malattie, generate dalla PAS: la sindrome della madre malevola, il bambino alienato, ecc., affermando che pure Freud descriveva tali sindromi.
In realtà, Freud in “Totem e tabù”, parlando dell’istinto di morte, cioè della nostalgia che l’essere umano avrebbe nei confronti del nulla e del caos, nostalgia che può concretizzarsi in comportamenti distruttivi e in esplosioni di aggressività incontrollata, introduce la sindrome di Medea, che può condurre all’infanticidio.
Medea, nel mito greco, tradita dal suo amato Giasone, impazzisce ed arriva ad uccidere i propri figli.
Ma l’infanticidio è una infinitesima percentuale a fronte di un prevalente comportamento materno sano.
Le sindromi si fondano su comportamenti reiterati socialmente e statisticamente corposi.
Per inciso, sono assolutamente d’accordo con Briffault, il quale sostiene che l’istinto materno non è affatto innato.
Anche per me, la maternità è un sentimento che può, o meno, svilupparsi in una donna, ma non è “scontato”, non è già insito nel DNA femminile.
Negli ultimi anni, si registra un cambiamento strutturale del pedofilo così come lo si intendeva precedentemente: le statistiche non ci descrivono più un uomo anziano, povero, senza cultura, solo e senza figli/nipoti, ma ci raccontano di un uomo di 30-50 anni, con buona/ottima istruzione ed un lavoro ben remunerato, sposato, con figli.
Potremmo definirlo un uomo di potere.
Ed assistiamo ad un crescente aumento di cause per separazione.
Non si può non collegare la comparsa improvvisa del fenomeno PAS con il tentativo di soffocare la voce di chi, culturalmente nei secoli, ha sempre avuto meno potere decisionale: i bambini (che non votano) e le donne.
Eppure i bambini sono il nostro presente, la nostra forza, il nostro tesoro.
Ed ognuno di noi, qualsiasi professione svolga, che sia genitore o meno, ha l’obbligo, in quanto adulto e membro della società, di tutelare i minori, i più piccoli.
Nonostante l’apparente centralità del minore nella nostra società (centralità di marketing, economica, ma mai culturale, profondamente radicata), si continua a fondare il mondo sullo strapotere dell’adulto.
Concludo con le parole usate dalla Prof. Maria Rita Parsi per chiudere la prefazione al mio saggio “Distruggere il muro del silenzio”: “Insomma, un mondo a misura di bambino perché la dismisura è già, di per sé, la madre di tutti gli abusi”.
Grazie.