mercoledì 22 aprile 2009

Per vincere la violenza bisogna formare le coscienze



Jean-Paul Sartre nei suoi "Cahiers pour une morale" scrive che “Nella violenza c'è speranza, nell'operazione legale c'è certezza" questa la differenza tra violenza e diritto è il loro "confine, a volte sicuro, altre volte è labile". Ma che cos’è la violenza? Una domanda tutto sommato semplice. Ma così non è, visto che ci sono diversi tipi di violenza, molti dei quali subdoli come le parole di qualcuno che ci sta vicino e che, di fatto, riescono a impedirci di fare ciò che desideriamo, costringendoci a ciò che lui desidera che noi facciamo. Trovare un tratto identificativo della violenza e capire se qualcuno ci sta facendo violenza o se noi stiamo facendo violenza a qualcuno. Ma che cos’è la violenza? È sempre una prevaricazione della volontà altrui e la volontà è sempre legata alla libertà. Si pensi al terrorismo che ha provocato un ritorno alla paura alla passione, al conflitto alla violenza annullando la democrazia ed annullando l’uomo. L’uomo ha voglia far soffrire l’uomo e ricavarne godimento, ecco qualcosa di tipicamente umano. L’invidia, l’odio, il piacere della tortura: l’uomo cova passioni tristi come fondo permanente. Ogni volta che noi sentiamo la nostra libertà prevaricata lo è anche la nostra volontà e in quel momento ci viene fatta violenza, lo stesso accade quando noi facciamo sì che la nostra volontà prevarichi quella altrui. Pensare di impedire a un bambino di fare una cosa che è per lui pericolosa e di cui, in quel momento, non ha gli strumenti per capire la pericolosità, non è violenza è attenzione e amore. Impedire a un uomo di fare una cosa che è per lui pericolosa è violenza, perché un uomo, parliamo nel caso di un essere umano sano, ha gli strumenti per decidere e capire ciò che fa. Spesso il problema sorge quando si gioca coi sensi di colpa altrui, quando, in un modo o nell’altro, si tenta di comprare l’altro, di metterlo nella situazione di dirigere la sua scelta e addirittura di scegliere per lui allora sì che è violenza. Oggi è importante creare relazioni e comportamenti personali semplici e corretti, diversi dai comportamenti della società regolati da specifiche leggi che mirano o dovrebbero mirare a difendere i soggetti più deboli anche usando la giusta dose di violenza ovvero di coercizione della volontà dove la volontà dell’altro mira a fare del male a una terza persona. La violenza è l'affermazione immediata, fattuale, al limite muta, di una volontà che prescinde programmaticamente dalla propria giustificazione, che si sottrae cioè all'onere di presentare a proprio fondamento ragioni disponibili alla discussione, alla critica e a un'eventuale confutazione. La violenza è l'esercizio della particolarità sorretta dalla mera capacità di fatto di affermare se stessa: sotto qualsiasi forma si presenti, è puro esercizio di forza. La nostra storia è dunque la storia di un confronto continuo tra violenza e cultura. Da una parte l'esercizio della ragione, l'apertura alla comunicazione e al vaglio critico, la disponibilità alla verifica discorsiva nella quale hanno esclusivo diritto di cittadinanza e valore le argomentazioni, la loro fondatezza, la loro coerenza; dall'altra parte, la pretesa di valere senza mediazioni e condizioni, la pretesa di affermarsi in quanto così e così caratterizzati, in nome delle proprie peculiarità, in forza del proprio essere quel che si è e del potere quel che si può. Ormai chi vive in Occidente e magari si informa, legge o guarda la tv, ha la sensazione di essere circondato da un mondo estremamente violento. Una sensazione che gli esperti ritengono fallace: altre epoche hanno conosciuto, secondo gli studiosi di scienze sociali, violenze più efferate e più frequenti e mai il mondo è stato così sicuro come adesso. Eppure, nonostante l'alto livello di civilizzazione, forse proprio a causa di questo, ci sentiamo insicuri e minacciati. La fine delle ideologie, l'indebolimento delle fedi religiose fanno sì che ci sentiamo piuttosto disorientati nei confronti delle norme e dei valori da abbracciare durante l'esistenza. La violenza prospera su un terreno di eccessiva tolleranza per cui il criminale gode di eccessive giustificazioni, si cerca sempre un alibi alle azioni più riprovevoli, tipo i traumi infantili, l'esclusione sociale, la famiglia, la scuola, la società. Il concetto di responsabilità deve tornare a far parte del vocabolario delle società occidentali. Ed anche quello di repressione. Certamente la repressione non basta. Difendersi dai delinquenti non è l'unico mezzo per bonificare la società. Occorre intervenire soprattutto nella fase educativa, nella scuola, in famiglia, nelle agenzie di socializzazione in genere, affinché i comportamenti violenti e prevaricatori vengano scoraggiati, puniti, messi alla gogna. Bisogna avere il coraggio di trasmettere valori etici ed estetici diversi dalla sopraffazione dell'altro arginando le ingiustizie e le ineguaglianze sociali, e mitigando le situazioni di sofferenza e povertà. Per vincere la violenza bisogna formare le coscienze. Un riscatto delle coscienze, una rivoluzione dei cuori. La strada per sconfiggere la violenza passa attraverso una nuova rotta morale. Occorrono vigorose risposte etiche e spirituali con una ricostruzione delle coscienze accanto a una ricostruzione del tessuto sociale, economico e culturale. Una profonda trasformazione interiore che deve coinvolgere mentalità, atteggiamenti e comportamenti quotidiani. Per vincere la violenza bisogna riprendere in mano il proprio futuro, promuovendo un'efficace opera pedagogica e formativa che punti soprattutto sulle nuove generazioni. Per vincere la violenza bisogna una seria strategia di prevenzione per sradicare l’illegalità e violenza dalle pieghe del vivere sociale, attraverso il coinvolgimento del mondo del lavoro, dell'ambiente scolastico, dei luoghi del tempo libero. Solo così potremo vivere sicuri e seminare la speranza.
(Articolo di Tove K. Hornelius - www.ettasos.com -, apparso su: www.articolo21.info, per gentile concessione dell'Autrice)

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